Presentazione del convegno
Nella prima lezione del Seminario XI Lacan si domanda: “Che cosa dev’esserne del desiderio dell’analista perché egli operi in modo corretto?” e prosegue poco oltre: “Il desiderio dell’analista […] non può affatto essere lasciato fuori dalla nostra questione, per la ragione che il problema della formazione dell’analista lo pone” (p. 12).
Parlare di desiderio dell’analista pone come centrale il tema della formazione analitica. Già Freud aveva messo in rilievo che un analista si forma fondamentalmente nella sua analisi, cioè in un’esperienza. Non senza una formazione teorica, la quale, tuttavia, in assenza dell’esperienza analitica, non porterà che a un sapere di tipo universitario.
Parlare di desiderio dell’analista pone come centrale il tema della formazione analitica. Già Freud aveva messo in rilievo che un analista si forma fondamentalmente nella sua analisi, cioè in un’esperienza. Non senza una formazione teorica, la quale, tuttavia, in assenza dell’esperienza analitica, non porterà che a un sapere di tipo universitario.
Con la formula “desiderio dell’analista”, Lacan introduce il campo su
cui l’analisi deve avere incidenza perché dell’analista possa prodursi,
il campo del desiderio. Non si tratta di accumulo di nozioni, o di
maggiore o minore capacità intellettuali, bensì di un’esperienza, quella
analitica, che ha un’incidenza sul piano del desiderio e ne produce una
trasformazione: dal desiderio del soggetto, opaco a lui stesso, che si
cerca di saturare con oggetti del mondo, alla scoperta, che solo
l’analisi può consentire, del fatto che, come diceva Freud, il desiderio
è indistruttibile, in quanto c’è un oggetto che lo causa e che è
perduto, che sta a monte, ma non c’è un oggetto che lo soddisfa, che
possa saturarlo.
Da un desiderio che si sostiene, come dice Lacan, sul
desiderio dell’Altro, genitivo sia oggettivo che soggettivo, a un
desiderio che si sostiene su niente. Per operare questa trasformazione,
sarà necessario che l’esperienza sia condotta almeno fino al punto in
cui quell’oggetto che causa il desiderio abbia mostrato la sua faccia di
godimento, lo scarto a cui il soggetto stesso è ridotto, e che se ne
sia potuta prendere la distanza.
Già alcuni anni prima del Seminario XI, Lacan aveva
commentato la nozione di controtransfert, introdotta ed elevata alla
dignità di concetto dagli analisti post freudiani, a partire da un
ideale di “neutralità analitica” che consentirebbe all’analista di
funzionare come una sorta di cassa di risonanza del paziente, essendosi
purificato da qualsiasi dimensione soggettiva. Lacan oppone al
controtransfert il concetto di desiderio dell’analista. Nel Seminario VII
scrive “Non vi è motivo di affermare che il riconoscimento
dell’inconscio pone di per sé l’analista al di fuori della portata delle
passioni”. (p. 202). Tuttavia, aggiunge, egli “è posseduto da un
desiderio più forte dei desideri di cui potrebbe trattarsi” (p. 204) in
quanto si sia prodotta per lui “una mutazione dell’economia del
desiderio”.
Successivamente giungerà a specificare il concetto di desiderio
dell’analista come desiderio di ottenere la differenza assoluta. Il
desiderio dell’analista è ciò che anima l’analisi, ciò che spinge il
soggetto a dire, ma che non punta a nulla se non a che il soggetto in
analisi possa scoprirsi nella sua differenza assoluta, appunto, al di là
di ogni identificazione, immaginaria o simbolica. Al termine
dell’analisi, una volta consumate tutte le identificazioni, si tratta di
assumere che non c’è modo di dire chi o cosa sono per l’Altro, e
neppure chi o cosa sono tout court: in questo senso si produce della differenza assoluta.
La dimensione politica del desiderio dell’analista può dunque
cogliersi a partire da questo punto, inedito e inaudito, a cui l’analisi
spinge ciascuno che voglia passare per questa esperienza. Se assumiamo
che il desiderio dell’analista spinge verso l’ottenere la differenza
assoluta, cogliamo come questa posizione sia sovversiva rispetto alla
logica dominante, oggi ugualmente, anche se diversamente, da ieri.
Il legame sociale contemporaneo costruisce categorie sempre nuove in
cui collocare tutto ciò che disturba il buon funzionamento della
macchina produttiva. Questo produce effetti soggettivi diversi: avremo
da un lato coloro che, in mancanza di riferimenti simbolici, si trovano a
cercare con angoscia qualcosa che offra loro una garanzia di identità e
di appartenenza, dall’altro coloro che, eccedendo le categorie e non
piegandosi al servizio del padrone contemporaneo, si trovano a occupare
la posizione di resto intrattabile, scarto espulso dal legame sociale.
Poniamo che il desiderio dell’analista sia l’operatore che può far
presente, in uno studio così come in una istituzione, una posizione che
sovverte la logica dominante, dal momento che non domanda, non educa,
non riporta alla normalità, non punta al bene, ma, ponendo come bussola
il reale del godimento, può consentire a ciascuno di trovare la propria
invenzione inedita per fare legame.
La declinazione del desiderio dell’analista di fronte alle
forme contemporanee della soggettività, dove prevale la dimensione
dell’identità preformata e la rivendicazione, o la condizione di scarto
del legame sociale;
il desiderio dell’analista, come ciò che può essere
verificato solo a posteriori, a partire dall’atto analitico e dai suoi
effetti;
il desiderio dell’analista come dimensione che, non avendo
alcuna finalità prestabilita, può sostenersi solo sull’etica dell’uno
per uno, senza garanzia se non nella possibilità della sua verifica…
Questi sono alcuni dei temi intorno ai quali chi voglia presentare un caso clinico per le sessioni simultanee del Convegno è invitato a presentare una proposta di intervento.
Le proposte, che non devono superare le 8.000 battute spazi inclusi, devono pervenire entro il 31 marzo all’indirizzo presidenza@slp-cf.it.
Paola Bolgiani
Nenhum comentário:
Postar um comentário