Carmelo Licitra Rosa
Il Campo freudiano è entrato decisamente in una nuova fase. L'AMP e le Scuole sono entrate in una nuova fase. Tutti lo abbiamo avvertito, anche se non tutti – me per primo - possiamo dire di esserci prontamente raccapezzati: accade così tutte le volte che ci è dato vivere delle scansioni epocali.
Jacques-Alain Miller, che di questo rinnovamento (per il momento in Italia ancora incipiente) è stato il fondamentale propulsore, ha a più riprese esplicitato i termini salienti in cui si sostanzia tale nuova fase: lo straordinario JJ è stato lo strumento principe con cui il nuovo è stato veicolato. Indubbiamente uno dei punti caratterizzanti tale nuovo corso è uno spostamento d'asse, che ha in qualche modo decentrato la psicoanalisi applicata, psicoanalisi applicata che aveva assorbito la maggior parte delle energie delle nostre comunità di lavoro negli anni precedenti. Cito al riguardo un passaggio tratto dal JJ:
"[…] Tout de même, ce qui m'a fait sortir du bois, ce n'est pas la passivité, c'est au contraire un activisme s'exerçant dans un sens que j'ai considéré comme aberrant, et qui, sous prétexte que la « psychanalyse appliquée » serait le stade suprême de la psychanalyse du 21e siècle, conduisait à reformater l'Ecole pour en faire un super-CPCT, piloté par un pseudopode du ministère de la Santé. Mais il est vrai que, si j'ai réagi, c'est parce que personne ne réagissait. Cela reste très inquiétant pour l'avenir. Et c'est mon échec".
"[...] Comunque sia, ciò che mi ha fatto uscire dal bozzolo, non è stata la passività, ma al contrario un attivismo che andava in una direzione che ho considerato aberrante e che, col pretesto che la "psicoanalisi applicata" sarebbe stata lo stadio supremo della psicoanalisi del 21° secolo, conduceva a riformare la Scuola per farne un super-CPCT, pilotata da uno pseudopodo del Ministero della Salute. Ma è vero che se ho reagito, è perché nessuno reagiva. Ciò rimane molto inquietante per il futuro. E rappresenta il mio scacco" (mia traduzione).
Jacques-Alain Miller (dal Journal des Journées n° 80 del 08.01.2010)
Tutto ciò, se da un lato accentua fortemente una direzione, non certo inedita ma sicuramente non eccessivamente caldeggiata finora, dico quella del dialogo con la cultura, la società, la grandi questioni epocali, d'altro canto non equivale di certo ad eclissare il lavoro della clinica: in altro parole, mettere un bemolle sulla psicoanalisi applicata non è affatto relativizzare l'esperienza clinica. Tutt'altro, direi. Andiamo incontro a un Congresso AMP dal titolo eminentemente clinico: Sintomo e sembiante. Che vuol dire affrontarlo in una prospettiva parzialmente disancorata dalla psicoanalisi applicata? A mio parere - ovviamente è solo una delle possibili risposte - dibattere – con competenza, vivacità, capacità di confronto e vis polemica, se del caso – col discorso corrente che si tiene sulla clinica. Certo, ci vuole un buon ambone per far questo: la scuola si sta attrezzando, apprestandosi ad animare un blog. Lo strumento informatico consente effettivamente oggi di raggiungere un largo pubblico, facendo economia di sale, convegni, viaggi ecc…
E per non rimanere nella mera dichiarazione di intenti, faccio un esempio concreto. Spigolando qua e là nelle riviste scientifiche a cui sono abbonato come psichiatra mi imbatto in una notizia, una delle tante, di cui sono infarcite le pagine di questi periodici. Si parla di depressione. E si dice che finalmente sono state rinvenute le prove della sua origine cerebrale. La mia curiosità è allettata. Vado a leggere il contenuto dell'articoletto. Vi si dice in sintesi che l'incapacità di provare gioia e piacere, che caratterizza la depressione, ha una precisa rispondenza cerebrale. Lo avrebbero dimostrato dei ricercatori dell'Università del Wisconsin, analizzando con la Rm funzionale l'attività neurale di 27 pazienti depressi confrontandola con quella di 19 sani. Gli studiosi avrebbero scoperto che i pazienti depressi non riescono ad attivare la regione del nucleo accumbens, la parte di cervello legata alle gratificazioni e alle risposte positive. Come hanno spiegato i ricercatori su "Pnas", la scoperta potrà essere utilizzata per migliorare le terapie per questa patologia. Patologia che può comunque avere anche cause di tipo chimico, come ha invece elucidato sugli "Archives of General Psychiatry" Maryse F. Bouchard, dell'Università di Montreal. Il suo gruppo, analizzando il sangue di quasi 2.000 persone fra i 20 e i 39 anni, ha scoperto che chi presentava livelli più elevati di piombo (!) aveva contemporaneamente maggiori probabilità di essere soggetto ad attacchi di panico o di depressione (Questa o quella per me pari sono... – recita la famosa aria). E si conclude che tali risultati dovrebbero condurre a ridurre i livelli di esposizione verso questo metallo pesante per prevenire tali disturbi.
Mentre le riviste cosiddette scientifiche si permettono di scrivere tali aberranti e ridicole castronerie, che dovrebbero far sghignazzare, o indignare, gli scienziati veri, noi ci prepariamo a celebrare un grande Congresso, dove sicuramente discuteremo con tutt'altro piglio e in tutt'altra prospettiva di sintomi e di clinica.
Che fare? Abbiamo pensato per anni di erigere una diga contro questa torbida marea dello scientismo, e contro le aberrazioni cliniche che esso ispira, marea che tutto travolge, che tutto infanga… Come? Nei nostri consultori, con il lavoro paziente, faticoso – e meritorio – dell'uno per uno… Non abbiamo sbagliato, ma forse non è bastato, forse non basta.
Forse – provo ad articolare qualche timida considerazione a partire dall'esperienza dei Forums francesi – occorre la capacità di rivolgersi a grandi numeri, con mezzi adeguati (non più solo l'uno per uno), rischiando, sfidando, osando. Addirittura in uno degli ultimi numeri del JJ Miller ha affermato che il luogo propizio per i futuri AE, la loro arena in qualche modo, potrebbero essere proprio… i Forums.
Ma così – mi obiettò molti anni fa un collega allorché con un più fresco e giovanile entusiasmo peroravo anzitempo queste strategie – si tratta di andare contro tutto il mondo, al limite di litigare con tutto il mondo… Devo confessare che non riuscii a replicare. Da un lato aveva ragione. Dall'altro forse – ripensandoci oggi - non aveva ragione fino in fondo: andare in controtendenza significa semplicemente farsi segno di contraddizione, per usare un'espressione del Vangelo che mi piace molto. Ricordo che a Lacan non importava assolutamente nulla del consenso: nel Seminario XX affermachiaramente che non aspira affatto a convincere, e nemmeno a vincere.
Sì, perché dialogare con ampie platee non vuol dire affatto mirare ad ottenerne il consenso. Proprio come Lacan: essere segno di contraddizione non equivale a convincere.
La SLP dispone – ne sono sicuro - delle risorse per impegnarsi a sostenere un tale progetto. Forse a questo punto non più rinviabile. Non mi resta che augurarci buon lavoro.
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