Qualunque “storia delle idee” si percorra non si può fare a meno di constatare che i periodi più fecondi siano stati quelli in cui - per necessità o per virtù - la dialettica ed il confronto sono stati più accesi, talvolta addirittura aspri. Un clima ‘vivace’ dal punto di vista intellettuale un po’ lo si trova già lì, molto si contribuisce a farlo. Per quanto riguarda l’autismo e - in seconda battuta - la psicoanalisi, oggi il momento è tanto difficile quanto prezioso. Credo quindi che si debbano tenere p resenti due livelli di discussione, oltreché un’attenzione terminologica che nei momenti di “pace” o di “tregua” non è particolarmente richiesta. Il primo livello è quello politico in senso lato. Pasquale Indulgenza lo ha ben ricordato. La psicoanalisi - grazie all’infaticabile energia e capacità di Jacques- Alain Miller – ha preso posizione per questioni tanto attuali quanto scottanti (emendamento Accoyer, liberazione di Rafah Nached, diffamazione di Judith Miller da parte di Roudinesco, il film Le Mur di Sophie Robert, le scelte dell’Haute Autorité de Santé sull’autismo), ed è entrata nell’agorà pubblica, dove il più delle volte basta solo affacciarsi, senza neppure varcarne la soglia, per farsi già amici o nemici. Questa apertura “politica” della psicoanalisi, assieme ad un sempre più evidente interesse per Lacan da parte della cultura contemporanea, sembrano essere il motivo principale dell’attacco. Ciò è dimostrato anche dal fatto che il ‘nostro amico giornalista’ del Sole 24 Ore in una recente intervista per il sito www.spazioasperger.it ha dichiarato di apprezzare le “prudenti” critiche che la SPI ha formulato alle Linee Guida sull’autismo, anche se il vero apprezzamento sembra tributato più al silenzio della SPI che al vero contenuto del commento che, grossomodo, riflette quanto anche noi pensiamo. Quindi: criticate pure, possibilmente blandamente ma, soprattutto, non fate rumore! La psicoanalisi lacaniana in quanto pratica fondamentalmente etica, ossia “senza standard ma non senza principi” risulta oggi sovversiva: un’ epoca in cui mancando i principi si vorrebbe almeno il conforto generalizzato degli standards. Come ha ben sottolineato Paola Bolgiani, le Linee Guida di recente pubblicazione segnano uno spartiacque tra “prima” e “dopo”, tra la libertà (degli operatori e dei genitori) “prima” e il controllo pianificato e omologante (e per nulla disinteressato!) “dopo”. Si tratta di una situazione completamente nuova. Dal punto di vista politico quindi - secondo me - la vera strategia e la posta in gioco sta nella riapertura del tavolo all’ISS per la revisione delle Linee Guida e nella partecipazione a quel tavolo di lavoro. Le tattiche per raggiungere ciò sono: sottoscrizione della petizione dell’Istituto di Ortofonologia, collaborazione con tutti quanti possono avere i nostri stessi intenti (se da un lato questa ‘commistione’ sembra indebolirci, dall’altro rende la nostra presa di posizione meno settaria e “interessata”), diffusione capillare della petizione, preparazione teorico-clinica rispetto alle Linee Guida e alla questione autismo tuot-court. Veniamo così al secondo livello, quello propriamente clinico e teorico che ci appartiene per definizione. Anche qui vedo una duplice strategia. La prima è dettata dalle circostanze e non può che essere legata alle Linee Guida. Occorre una attenta una valutazione dei contenuti con una critica metodologica- epistemologica serrata ed una critica propriamente etico-clinica (come già Paola Bolgiani) per prepararci a collaborare al tavolo di lavoro e per essere pronti a dire la nostra con cognizione di causa quando interpellati. Da questo punto di vista, come ho già proposto ad un gruppo di lavoro che vede riunite diverse di strutture terapeutiche della Regione Veneto, le osservazioni della SPI sono un buon punto da cui partire per trovare convergenze, divergenze, identificare punti da approfondire e studiare. (Cfr. www.spiweb.it/IT/index.php? option=com_content&task=view&id=1893&Itemid=196). Non è sufficiente - ahimè - sostenere che siamo bravi ed abbiamo risultati! La seconda strategia riguarda la nostra pratica clinica con l’autismo e il sapere che ne possiamo estrarre per renderlo trasmissibile e condivisibile. Su questo punto mi pare fondamentale il lavoro di testimonianza che su “Osservatorio Autismo” molti colleghi stanno portando. Si tratta di un lavoro prezioso che mette in luce i punti centrali di una pratica spesso criticata e osteggiata senza essere conosciuta, uno sforzo di scrittura e logificazione che mette in risalto la centralità del soggetto e il lavoro a partire dalle sue risorse. Alcune Linee Comuni da qui emergono chiare, e sono in sintonia con le convinzioni espresse dall’Istituto Psicoanalitico del Bambino recentemente pubblicate. Ma occorre anche affrontare alcuni punti teorico-clinici su cui non c’è mai stata una chiara convergenza nel Campo Freudiano. Mi riferisco, ad esempio, alla questione autismo e psicosi, alla questione dell’Altro nell’autismo, alla questione del rapporto con le neuroscienze, alla questione della valutazione. Si tratta, anche qui, di una occasione di discussione e confronto. Per quanto riguarda la mia esperienza di contatti e confronti con interlocutori ‘altri’, questi punti ci costringono a pensare fuori da slogan e luoghi comuni (da cui anche noi non siamo esenti), ci aiutano ad affinare un linguaggio più vicino a quello del XXI secolo (linguaggio che - come sappiamo - determina la realtà). Carlo Viganò ci manca ora, anche per un motivo in più. Ecco i punti su cui io sentirei più urgente il confronto all’interno della nostra Scuola. 1) Per alcuni di noi la psicosi e l’autismo sono un tutt’uno, per altri non è certo che sia così. Ad esempio, Maleval invita ad approfondire la logica dei fenomeni tipici dell’autismo per conoscere ciò che “differenzia strutturalmente l’autismo dalla psicosi” (L’autiste et sa voix, p. 229), ipotizzando di fare dell’autismo un “tipo clinico originale e complesso” (Ibidem, p. 96). I Lefort non esitano a fare dell’autismo una “struttura” a se stante che verrebbe ad aggiungersi alle tre classiche di nevrosi, psicosi e perversione (La distinction de l’autisme, pp. 8, 49-54). Per Martin Egge, invece, si tratta di “una difesa precoce all’ interno di un quadro psicotico” (La cura del bambino autistico, p. 116) Si tratta di una questione clinica e teorica, ma anche politica, dal momento che molte associazioni di genitori autistici hanno trovato proprio nella diagnosi di psicosi lo spunto per il loro risentimento ed avversione nei confronti della psicoanalisi. 2) Secondo alcuni di noi uno dei tratti peculiari dell’ autismo sarebbe l’assenza dell’Altro (R. e R. Lefort, L’autismo e la sua specificità, p. 259), per altri invece l’Altro sarebbe così presente da essere “mortifero e persecutorio” (Di Ciaccia, Una pratica al rovescio, p. 34). Si tratta di una questione clinica che tocca in modo radicale lo stile della presa in carico e del modo di operare a fianco del soggetto autistico. 3) Alcuni non sono affatto interessati alle ricerche delle neuroscienze, a meno che non si trovi la prova provata dell’origine biologica dell’autismo; altri invece si dimostrano più interessati e possibilisti; altri ancora, come Ansermet, sostengono che anche ove si dimostrasse una base organica dell’autismo ciò che interessa è la risposta che il soggetto inventerà rispetto al problema postogli dal proprio organismo (Clinica dell’origine, p. 82). Si tratta di una questione che è importante affrontare nel momento in cui ci si presenta al confronto con altre discipline convocate attorno all’enigma dell’autismo. 4) Da ultimo, la questione sulla valutazione dell’efficacia. In diverse istituzioni europee ad orientamento psicoanalitico da tempo si sono introdotte forme di valutazione di matrice psicodinamica. So per certo che un gruppo di psicoanalisti SPI, subodorando l’esito del lavoro sulle Linee Guide, da alcuni anni sta portando avanti una ricerca che ha lo scopo di valutare l’efficacia della psicoterapia psicoanalitica nel lavoro clinico con bambini autistici. Per noi, invece, la particolarità del soggetto e la sua emergenza sono incompatibili con queste ricerche? All’Altro che ci chiede conto dell’efficacia è giusto opporsi per difendere la particolarità del soggetto a fronte di qualunque tecnica di valutazione? Introdurre valutazioni sperimentali sarebbe un tradimento dell’etica psicoanalitica abituata a rendere conto dei propri successi solo in forma narrativa? Nel mentre cerco di elaborare io stesso alcune risposte a queste questioni (alcune mi sono già chiare, altre molto meno), credo che l’apporto di tutti su questi temi ci aiuterebbe a prepararci al confronto e a crescere come Scuola. Alcune questioni sono specifiche, è vero; altre però sono aperte anche a chi non ha una pratica diretta con l’autismo. Un appunto, una delucidazione, una critica, un’osservazione, una citazione... può essere importante in questo lavoro di costruzione comune. E’ la prima lezione che la clinica con l’autismo ci offre: l’attenzione ai più piccoli dettagli. Grazie.
Nicola Purgato
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