26 de setembro de 2011

SLP-Corriere: LQ N. 17 ( italiano)

Traduzione: Stefano Avedano, Gabriele Grisolia, Roberta La Barbera.
Revisioni: Roberto Cavasola, Maurizio Mazzotti, Sergio Sabbatini

mercoledi 7 settembre 17h 45 [GMT + 1]

NUMERO17

Auto-intervista di Jacques Alain Miller

Cosa resterà di Roudinesco?

E di Michel Onfray?

LACAN QUOTIDIEN

Non avrei perso un seminario per nulla al mondo PHILIPPE SOLLERS

Vinceremo perché non abbiamo altra scelta AGNES AFLALO

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Jean Allouch

Qualche precisazione

Su l’inchiesta del Magazine littéraire

Abbiamo pubblicato nel nostro numero XX un articolo di Eric Laurent sul Magazine littéraire, e abbiamo invitato il nostro collega Allouch, che si era espresso nel “dossier Lacan” del numero, a rispondere. Abbiamo ricevuto questa mattina questo contributo, che pubblichiamo con piacere.

Per cominciare, grazie a voi, a Lacan Quotidien, di offrirmi questa opportunità, non già di rispondere

(non vorrei spingermi fin là, ricordandomi le parole di Derrida : “La religione è la risposta”), ma di apportare qualche precisazione in merito all’articolo dell’amico Eric Laurent apparso nel vostro n. 11. Lo scrivente, senza dubbio, non sapeva che il riferimento ad una “inchiesta” nella copertina del Magazine Littéraire (settembre 2011) non era mio, e nemmeno che il mio titolo era stato cambiato, come spesso fanno le redazioni delle riviste: non “Lacan, analista o maestro spirituale”, ma “Jacques Lacan, l’analista, il maestro spirituale”. Venendo al posto di una virgola, “o” suggerisce una alternativa che non è certo presente nei miei lavori.

Questa virgola, voi la trovate già presente nel titolo di due miei lavori, Marguerite, ou l’Aimée de Lacan (2° ed. 1994) e Freud, et puis Lacan (1993). Essa sottolinea di volta in volta una distanza, un distacco, un cambiamento di registro, se non di discorso. E’ alla sua trasformazione in un “o” come a suggerire una scelta esclusiva che si deve l’opposizione che mi imputa Eric tra “insegnamento” e parola di un maestro spirituale? Cosi io sarei ritenuto d’aver cacciato via l’insegnamento a vantaggio di questa parola. Come se un maestro spirituale non insegnasse!

E’ piuttosto un’inflessione della significazione della nozione di “insegnamento” che sottolineo.

E forse in effetti quella della sua ricezione perché, come Eric nota, queste cose erano già là da tempo.

Ma infine, è tardivamente che Lacan dichiara che il suo “Altro”, non è che di colui che lo dice.

Che cosa ne fa di un tale proposito che interdice di offrire ormai all’Altro lo statuto di un concetto?

Che io sappia, il primo che abbia con forza presentato Lacan come un maestro fu Jacques Alain Miller, con il quale, se ci fosse disputatio, mai tuttavia il dibattito virerebbe verso l’inimicizia. Fu a Roma, nel 1975. Dunque non è una novità. Se c’è novità, che Eric sembra rifiutare, essa riguarda la qualifica di “spirituale”- Ci arriverò.

Perché adesso senza dubbio io devo ricordare che con Jacques Alain (permettete che io lo menzioni così, è così che io lo saluto), conducemmo una battaglia comune contro coloro che facevano gargarismi della loro esperienza clinica, e hanno visto nel matema la rovina delle loro posizioni stabilite, fino a quando non fu presa una piega differente, poco prima della dissoluzione della Ecole freudienne de Paris. Io non leggo Lacan affidandomi alla presentazione che ne propone Jacques Alain, è un fatto (ho cominciato a leggere Lacan nel 1963). Un fatto che non può essere giudicato che alla luce dell’opera lacaniana e dei suoi risultati.

Una parola, qui, ma soltanto perché Eric ne riparla vedendovi delle “discussioni tra le più assurde”, sulla questione delle trascrizioni dei seminari ed altri discorsi di Lacan. E’ presto detto! Che guardi in

dettaglio, cioè una ad una, le annotazioni che ho potuto fare, cosi come altri membri della Scuola lacaniana di psicoanalisi, a tal riguardo; egli non potrà concludere cosi globalmente, nè suggerire che, ormai, “la tripla A è raggiunta”. Tanto più che non mi identifico in una agenzia di valutazione, ma, studiando Lacan, ho spesso bisogno di riportare su ciò che è stato stabilito tutte le versioni disponibili delle trascrizioni che circolano. Spesso, le scelte che sono effettuate qui e là ci portano verso una posta in gioco teorica o clinica decisiva. Devo dunque scegliere, o proporre a mia volta, se è possibile in maniera argomentata.

Riguardo alla questione della spiritualità, del maestro spirituale, ancora una volta un pizzico di storia si impone, perché l’articolo che ha dato l’occasione della sua replica non è stato scritto di getto come sotto l’effetto di una ispirazione improvvisa. Esso fa seguito ad un primo lavoro comparso nel 2007 dal titolo esplicito: La Psicoanalisi è spirituale? Risposta a Michel Foucault, mentre ciò che iho studiato subito dopo, cioè riguardo al grande tema dell’amore in Lacan, mi sembrava confermare la risposta positiva che era stata data alla questione posta. E’ certamente deplorevole che Eric abbia reagito all’articolo del Magazine Littéraire senza riferirsi ai testi da cui proveniva. Ciò gli avrebbe evitato di menzionare come solo nome a proposito della spiritualità quello di Alphonse Allais. Se questo autore ci da qualche occasione di ridere, cosa che non è cosi negativa, è tuttavia di altre cose che si tratta (“anche”, perché il Witz è certo, come si dice “spirituale”, mentre il sintomo, il sogno, l’atto mancato, lo sono egualmente, più discretamente a dire il vero, perché la loro spiritualità non si fa evidente che con la loro decifrazione).

Lo sfondo dell’affare riguarda l’estremo riserbo che Lacan con Canguilhen e Heidegger, manifestava all’indirizzo di ciò che Foucault chiamava la “funzione psi”. Di che si tratta, nell’analisi, se non si tratta decisamente di psicologia? Molti elementi presenti nell’analisi apparivano a Foucault, e più evidentemente in Lacan che in nessun altro, come il recupero di esigenze che sono state quelle di questa spiritualità delle scuole filosofiche antiche che descriverà in l’Ermeneutica del soggetto. Questo approccio è pertinente, come indica il fatto che Lacan si sia ispirato agli Stoici per fondare, insieme a qualcun altro, l’Ecole freudienne de Paris? Io ho creduto di poter rispondere si, e dunque rivelare la sfida che lanciò Foucault sottolineando che questa “forma di sapere” che è l’analisi ha omesso di considerare questo punto di vista della spiritualità (di questa spiritualità) “in maniera chiara e coraggiosa” (L’Ermeneutica del soggetto, pp 30-31).

Jacques Lacan non si è accontentato di fare dei corsi, se possiamo dire cosi. Egli ha anche proposto.

Quale statuto dare a queste gesta, in particolare alla sua “Preposizione d’ottobre 1967 sulla psicoanalisi della Scuola”, ma anche, meno notata, alla sua proposizione del 11 giugno 1974 (potete riportarla)?

Non si potrebbe senza forzare attribuirle ad un analista la cui funzione non è certamente di offrire un quadro a chi sarebbe contento di abitarlo. Vedervi le gesta di un maestro spirituale non si oppone per niente al riconoscimento del suo insegnamento come un insegnamento.

Eric Laurent risponderà prossimamente

A Jean Allouch nelle nostre colonne

Jacques-Alain Miller

Auto-interview

Ieri sera, al Pullman Montparnasse, ha letto le sue lettere per Olivier Bétourné e per Hervé de la Martinière; dopo ha annunciato che, lasciando la Seuil, resterà nel Gruppo La Martinière e che è in procinto di entrare, “con Lacan e l’insieme del Campo freudiano”, nelle edizioni de La Martinière. Come spiega questo rovesciamento della situazione?

Mi permetta di ricordare, in primo luogo, che la lettura che ho fatto della mia lettera per Bétourné è stata applaudita dalla sala, che non era piena, ma contava 400 persone. E che l’annuncio che ho fatto del mio ingresso con Lacan e tutto il resto in La Martinière è stato applaudito dalla sala in piedi e da Philippe Sollers, che era al mio fianco. Un’ovazione.

Resta il fatto che sul sito delle edizioni de La Martinière, http://www.editionsdelamartiniere.fr/, si legge: “Il marchio di riferimento: libri prestigiosi sulla fotografia, la natura, il viaggio, l’arte, il patrimonio e la spiritualità”. Lei è certo, come responsabile del diritto morale dell’opera di Jacques Lacan, sia il posto giusto?

Senza dubbio. Martedì scorso, ho spedito la mia lettera a Bétourné alle ore 9:17. L’ho inviata alla segretaria di Hervé de la Martinière alle 9:36, annunciando: “Le scrivo una lettera a quest’ora, che le faccio pervenire”. Alle 10:25 partiva la mia lettera per HLM. Mi ero preso la cura di far seguire al mio nome il mio indirizzo, i miei telefoni, fisso e portatile, e la mia mail, ch’egli non credesse che io fossi “irraggiungibile”, come il servizio di stampa della Seuil ha ripetuto a tutte le librerie di Francia e di Navarra, e senza dubbio a tutti i giornalisti, uomini dei media, ecc., del pianeta. Mi sono detto: quest’uomo si presenta come un manager all’americana, gli si annuncia che sta per perdere Lacan, gioiello della Seuil, e il cui ultimo Seminario è al quarto posto nell’albo d’onore diL’Express. Vediamo quanto tempo gli occorrerà per chiamarmi. Il mio cellulare ha squillato alle 16:35 – ho guardato l’orologio.

Lo conosceva?

No. La mia previsione non era fondata sulla psicologia, ma sulla logica. Se è un manager, allora se ne infischia degli stati d’animo di Bétourné – il suo animo o ciò che per lui ne tiene il posto. Bétourné, lui, sabota se stesso poiché è motivato per perseguitarmi tramite i suoi demoni, o la sua demone. Non c’è motivo che il manager abbia altro demone che the bottom line. Fa i suoi conti. Che sollievo!

Che cosa le ha detto al telefono?

Non gran che. Era: deploro… ; occorrerebbe che noi parlassimo; non so cosa c’è tra Bétourné e lei, ma… Lì, ho piazzato una piccola strofa riguardo a Bétourné, cacciato dalla Seuil da Cherki, cacciato dalla Fayard da Claude Durand, e che finirà cacciato dalla Seuil da lui, La Martiniere, poichéè il suo destino di essere cacciato. Gli ho anche detto: vogliamo parlare? D’accordo, ma subito. Stampo la mia corrispondenza con Bétourné e il servizio di stampa, è tutto nel mio computer, e chiamo un taxi. Dove vado? Mi ha dato l’indirizzo. Alle 17:45 – ho guardato l’orologio – entravo nel suo ufficio. Clean, ma non in modo ossessivo, molto luminoso, vista indefinibile su Parigi dalla porta d’Orléans. Non il 6° arrondissement, ma neppure la cambrousse, il confine del 14°, il confine della periferia. Lui con pantaloni neri, camicia nera, niente giacca, occhi brillanti, della mia statura, ben più snello; gli ho domandato la sua età: 64 anni. Gli ho fatto i complimenti: lei è fit. Corre sicuramente, fa della ginnastica, della palestra forse, si prende cura di sé. Tutto quello che non faccio io.

E a quel punto, che cos’è accaduto?

Mi ha fatto sedere davanti a lui, dall’altro lato di un tavolo da conferenze clean, in formica. Gli ho domandato subito di mostrarmi il Dizionario ornitologico che avevo visto su degli scaffali, con una striscia che diceva: “700 000 esemplari venduti”. Ha detto sì. Volevo anche un gran libro superbo sugli Unes de L’Express, ho visto una smorfia che si tratteggiava, non ho insistito: quest’uomo è attento alle spese, mi sono detto, nemmeno io amo distribuire dei prodotti gratuiti.

E dopo?

Ho parlato a raffica. Gli ho passato le mail che avevo stampato da me, poi classificate sul taxi, dicendogli: il mio avvocato non le ha ancora, se le fa studiare dai suoi avvocati, vedrà che c’è ampiamente materia per delle azioni giudiziarie. D’altra parte, alla fine del libro della Roudinesco, che, tra parentesi, non si vende come la mia Vie de Lacan, che va come il pane – chiedete a Volumen, si era deciso con Céline Fontaine una tiratura di 3000, si è ora a 9000, e le giacenze sono a zero – c’è, nel penultimo paragrafo, una frase abietta. Mia moglie non la lascerà passare. HLM ha tentato: Elisabeth Roudinesco è un autore della Seuil come altri… L’ho interrotto: forse per lei. Sono stato sempre indifferente alle sue performance. Ora basta.

E dopo?

Gli ho detto che cosa amavo,cosa mi dà pace, lavorare con i miei pazienti, fare i miei corsi, redigere Lacan. Gli ho detto che quando diventava necessario esplodevo e facevo rispettare i miei diritti nelle sedi opportune. Ho aggiunto tutto questo ha a che fare con la configurazione del mio inconscio. Gli ho raccontato come avessi ottenuto, in meno di un mese, che M. Accoyer dichiarasse, il 3 dicembre 2003, che il suo emendamento doveva essere riscritto. Da allora, è un tornado legale.

E allora?

Si è parlato della Seuil, della sua storia. Gli ho detto che Sollers insisteva affinché seguissi presso Gallimard, che avevo avuto delle lunghe e appassionanti conversazioni con il giovane Antoine, che non era ancora il totem che è diventato. Ma Pontalis e Nora, baroni della casa, avrebbero manifestato delle reticenze per l’ingresso di Lacan – reticenze, in questo linguaggio, vuol dire che avrebbero fatto di tutto per silurare l’operazione. Antoine mi diceva che avrebbe imposto Lacan presso Gallimard, ma il resto – io, la collezione del Campo freudiano, avrebbe dovuto accontentarsi della succursale Denoël. Sollers, che aveva accettato che L’Infini, rivista e collezione, fosse collocato lì, m’incitava ad accettare: “È la camera stagna di decontaminazione. In seguito, si passerà presso Gallimard”. Aveva ragione e, in effetti, tutta l’attività di Sollers è ormai siglata NRF. Ma non mi piaceva molto, questa idea di decontaminazione. Le mie pulci, i miei pidocchi, dai quali questi Signori baroni avrebbero voluto spulciarmi, come in Rimbaud, poiché io fossi presentabile, li ho amati, ci stavo bene, non volevo trovarmi un giorno in giacca di cachemire, ed essere di un gusto perfetto, come i due compari sempre tirati da tutte le parti. Gallimard è al vertice, è una casa straordinaria, adoro la Pléiade da quando so leggere, è Valéry, Gide e Sartre, e tutti, Molière, Retz, Montesquieu, Montaigne – e anche Sollers, che amavo da quando Mauriac l’aveva riconosciuto, e che avevo incontrato a sedici anni. Ma, essere “decontaminato”… E allora ero rimasto nella Seuil dopo che Chod mi aveva invitato a colazione in piazza Dauphine, per dirmi che, ormai, non avrei più dovuto rispondere davanti a Wahl, che i suoi fallimenti lo avevano inasprito contro di me, e che aveva visibilmente deciso di rendermi la vita impossibile: sarà direttamente in contatto con me, mi disse, e così fu fatto – e mantenuto da Cherki.

Ah! Noi non conosciamo tutte queste storie.

L’ho detto, io divento chiacchierone troppo tardi. Il Léautaud dello strutturalismo. La conversazione ha dato un’idea a La Martinière: ebbene, facciamo così, lei resta alla Seuil, ma in contatto diretto con me. Risposta: giammai. Niente sigla della Seuil su nessun libro di Lacan, su nessun libro mio, né di qualcuno portato da me, fintanto che lascia quel signore al suo posto, quel signore di cui verificherà che è un editore esecrabile, da disgustare Houellebecq a restare presso Fayard, volendo lesinare sui vantaggi che Sorin aveva ottenuto per sé da Claude Durand. È quanto meno Sorin – io lo conosco, dice HLM – che mi ha raccontato così la settimana scorsa all’isola di Ré, e che mi ha autorizzato a ripeterla. Questo Bétourné è riuscito a rendermi furioso in due colpi di mestolo, mentre ero tranquillo in questa casa da 45 anni, non si può dire che fossi agitato. Allora, che si fa? Mi dice HLM, sarebbe comunque un peccato che finisse così.

Ha detto così?

Sì. Non ha perso il suo tempo e il mio nel cercare di giustificare Bétourné. Se l’avesse fatto, avrei girato i tacchi e l’avrei piantato lì. No, aveva colto che la mia determinazione era integra, è andato all’osso. Bétourné, questo demone, e questa soubrette del servizio di stampa, che mi assicurava per iscritto della “sua totale devozione” nello stesso tempo diceva ai librai di non avere il mio indirizzo, né alcuna mia foto – tutta questa camarilla aveva chiuso. Mi avevano abbindolato per un po’, ne uscivo. Ho detto dunque a La Martinière: giocherò in modo schietto, lo preferisco sempre. Conosco il paesaggio editoriale francese. Gallimard, è ammirevole, ma non ho l’habitus della casa. La forza dei baroni non è più quella di trent’anni fa, e con Sollers si giocherebbe in coppia, ma mi troverei sempre a remare controcorrente. Più giovane sarei stato tentato, ma non sono più un giovanotto, voglio un’autostrada spianata. Grasset: quando ho appreso che lei aveva o stava per nominare Bétourné alla Seuil, ho chiamato BHL, c’è stata una riunione di due ore con Olivier Nora, nipote del precedente, attraente, ben disposto, in cui abbiamo concluso che Lacan e compagnia, fosse un pezzo troppo grosso per questa casa del genere sprinter letterario. Fayard, non amo il catalogo. Le altre: non le conosco, e nessuno mi ha fatto un cenno, neanche Teresa Cremisi di Flammarion. Francamente, penso che un gruppo cosmopolita e aperto come il vostro, sul quale non pesa il peso delle tradizioni francesi o italiane, tutte più o meno scomode con Lacan e i suoi, è ancora ciò che c’è di meglio per la novità radicale che rappresenta la psicoanalisi, presa nel suo orientamento lacaniano. Preferisco ancora un uomo della bottom line come lei, clean, che bada alle cifre, piuttosto che quelli che vogliono scannerizzarmi le idee in testa, e fiutarmi per sapere se profumo di rosa.

Ma allora, c’è stata un’offerta?

In un certo senso. Ha avuto un’aria sorpresa, mi ha detto: potrebbe entrare nelle edizioni de La Martinière? Ho teso la mano destra verso di lui: se la stringe, è fatta. L’ha stretta.

Parigi, il 7 settembre 2011, ore 15:19

Philippe Benichou

IL RIENTRO LACANIANO DI MICHEL ONFRAY

Anche Michel Onfray fa il suo rientro lacaniano. Pubblicata su France Culture il 26 agosto 2011, l'ultima delle sue conferenze dell'anno che conclude due anni dedicati alla psicanalisi porta il seguente titolo di cui si apprezzerà lo spirito: «Appendice lacaniana».

http://www.franceculture.com/emission--‐conferences--‐de--‐michel--‐onfray--‐appendice--‐lacanien--‐2011--‐08--‐26.html

Nella sua precedente conferenza, Onfray faceva l'elogio della psicanalisi americana e della sua epistemologia empirica, un’epistemologia che trova il suo fondamento nel «concreto della realtà» e non nel pensiero, contro coloro i quali trovano dei concetti in una biblioteca, e «falsificano la clinica» per renderla conforme al concetto. Ah! La verità del “terreno”!

Quando si pensa che tra i due autori di cui fa l'elogio per il loro rapporto alla realtà, si trova Wilhem Reich che ha finito la sua vita costruendo delle macchine per captare l'orgone, un'energia “terrena”, energia di cui aveva avuto la rivelazione a partire da una luce blu intravista una notte…

In questa conferenza, Onfray si dedica a Lacan, il personaggio innanzitutto, la clinica in seguito. Per ciò che dice del «personaggio», si sostiene sulla biografia di Lacan della Roudinesco, e prende cura, da buon denegatore, di precisare che, tutto ciò che dice, lo trae da questa «storica della psicanalisi». Si vanta dell'empirismo, e crede in tutto ciò che legge. Ecco dell'empirismo conseguente!

Prima formulazione: «Lacan viene da Maurras» e «questo impegno fa senso». Onfray ricostruisce tutta la logica della vita di Lacan a partire da questa luce (blu?) apportata da Roudinesco. Questo senso è che Lacan «difende la famiglia tradizionale» nel suo articolo dell'enciclopedia francese su «i complessi familiari nella formazione dell'individuo». Rigetta il parlamentarismo, l’Illuminismo ed ammira l'integralista Léon Bloy. E durante la guerra, il senso prosegue : «disprezzo » di Lacan per i resistenti «irresponsabili», parola presa in prestito da Roudinesco, «mostrandosi», con i seguaci di Pétain, cattolico praticante.

Poi il salto: maggio 68, Lacan «qualunque cosa se ne dica, è sempre maurrassiano» e «con suo genero, Jacques-Alain Miller, … comprende che tutto ciò (maggio 68), può essere utile per fare parlare di sé, per esistere, per essere in prima fila». Avete inteso bene! Sì Lacan aveva bisogno nel 1968 di essere sul fronte del palco! Occorre credere che gli Scritti pubblicati nel 1966 non l'avevano portato fuori dell'oscurità. Egli ha «utilizzato il cattolicesimo, ma ciò non ha funzionato», ha utilizzato il «partito comunista», e ha «provato ad incuriosire» per ottenere la celebrità incontrando delle persone del partito comunista. Ciò non ha funzionato ugualmente, così egli esisterà grazie al Maggio 68 e al successo «parigino, mondano» degli Scritti che «nessuno comprende».

Egli riconosce tuttavia a Lacan, beninteso per denunciarlo, ma si apprezzerà la precisione dell’argomento, di avere salvato Freud, e fatto della Francia il luogo di resistenza (la parola è nostra questa volta) della psicanalisi alla sua estinzione.

Dietro le parole di Lacan, tuttavia, Onfray si dice non essere «sicuro» che ci siano «delle idee nuove». Viene successivamente una critica dell'insegnamento di Lacan sulla quale noi ci fermiamo, in cui ritorna tuttavia in apertura un significante che insiste nel discorso di Onfray, che è «parigino», l’unico oggetto del suo risentimento avrebbe detto il poeta. Jacques-Alain Miller ha saputo farci intendere la sua risposta a questa ideologia del “terreno” in Lacan Quotidien. Dopo Freud traditore del suo popolo, Lacan maurrassiano nel 1968, si aspetta il seguito dell'opera di edificazione della coscienza contemporanea da Michel Onfray: egli arriverà probabilmente a svelarci che si è molto esagerato sull'antisemitismo di Hitler.

Aspettiamo con impazienza una lettura «empirica» e non «parigina» di «Mein Kampf» che dimostrerebbe che fu l'iniziatore disgraziato di un movimento che andò ben oltre le sue intenzioni.

La Posta Delle Lettrici

e dei lettori anche, certamente

rubrica diretta da anne poumellec

con jacques-alain miller

GUY BRIOLE Scomparsa. Non so se avete saputo di questa trasmissione, ieri, Il telefono suona, di Alain Bedouet, dalle 19h 20 alle 20h, su France Inter. Inaccettabile.

Il giornalista organizza con Le Seuil, rappresentato da Elisabeth Roudinesco, e Philosophie Magazine, rappresentato da Philippe Nassif, un dibattito di cui già il titolo fa problema: “Lacan 30 anni dopo. Che resta dello psicoanalista e del suo insegnamento?” Che resta dello psicoanalista? Una delle risposte potrebbe essere il “suo insegnamento”, ma quando è già nel titolo a cosa si riferisce, trattandosi di ciò che resta dello psicoanalista?

La presentazione sul sito di France Inter della trasmissione mette in primo piano una foto di Lacan con Françoise Dolto. Il tono è dato, la foto commentata. Si vede allora, meglio ciò che resta, si installa e si sviluppa: è Elisabeth Roudinesco.

Dal suo posto di storica della psicoanalisi e biografa di Lacan dice con grande sicurezza, e con un tono molto dotto, dove è il posto di ciascuno. Riassumo per andare all'essenziale: la psicanalisi deve disporsi nell'insieme delle discipline (psichiatria, comportamentismo, psicoterapia...) e l'insegnamento di Lacan – quest’uomo eccezionale che ella non smette di promuovere! - " deve essere ricollocato in quello di tutti gli apporti degli altri psicanalisti; uno tra gli altri, Freud, Adler, Klein, ecc.

L'inizio dell'argomento della trasmissione esordisce così: "In occasione del trentesimo anniversario della scomparsa di Jacques Lacan.." Si è colpiti da tutto ciò, si tratta infatti di celebrare la "scomparsa" di Lacan, di organizzarla. Trent’anni, sono sufficienti! Potrò svilupparlo dopo, ma penso che sarebbe più pertinente, ed anche più incisivo, citarla integralmente!

In quanto a lei Jacques-Alain Miller, se il giornalista l’ ha citata due volte come colui che stabilisce i testi del Seminario, questo non fu il caso di Elisabeth Roudinesco, né di Philippe Nassif; essi non possono pronunciare manifestamente il suo nome. Dopo la cancellatura, la cancellazione! Ecco per l'inaccettabile.

Di più, un momento particolare di questa trasmissione è scandaloso e, del mio punto di vista, mette in gioco la responsabilità del giornalista e dei due invitati presenti. In una preoccupazione probabilmente di equilibrio tra le parti - Lacan è un genio ed un ciarlatano, dunque ai suoi allievi che non sono dei geni, resta loro di essere dei ciarlatani - due ascoltatori sono selezionati per prendere la parola.

Uno, bisognoso di spiegarsi, ha detto che essendo, in un momento della sua vita, disperato, Lacan gli avrebbe dedicato quattro volte un'ora di colloquio, ginocchio contro ginocchio, mano nella mano; "un tipo che sorprende questo Lacan!" come dice Gerard Miller.

L'altro, quello che deve fare "l'equilibrio"!, astioso e probabilmente anche di più, interviene per spiegare che ha fatto quattro anni di analisi con un lacaniano di cui fa il nome. Non avrebbe sentito il suono della sua voce durante questi quattro anni, e, alla fine, il praticante lacaniano l'avrebbe congedato con questo enunciato: "Andate a farvi inculare"

A questo punto, cosa è successo nella trasmissione? Tutti, il giornalista e i due invitati non hanno né protestato, né manifestato sorpresa, né lamentato il non filtraggio degli attacchi personalizzati, e non hanno trovato niente altro a dire che : "In queste professioni come in altre...". Ancora la melassa, un ritornello conosciuto. Elisabeth Roudinesco ha incluso anche i dentisti: anche tra loro, ci sono dei buoni e dei cattivi! Capirai!

Chiamare France Inter per intervenire? "No Signore, è troppo tardi, ci si prepara dalle 17,00", vi si dice. Da ben di più, ben di più, certo.

JACQUES-ALAIN MILLER:.Grazie, Guy Briole. La conosco per essere molto preciso nei suoi enunciati. Ho potuto apprezzare il suo lavoro e la vostra qualità di ascolto come primario di psichiatria dell'ospedale delle Forze armate al Val-de Grâce, dove, dieci anni fa, lei mi ha introdotto per fare la presentazione dei malati. Le credo quando dice nel suo resoconto che Seuil si è fatto rappresentare in questa trasmissione consacrata a Lacan - di cui ho già redatto 15 Seminari e 5 volumi di Paradossi, più la mia partecipazione agli Scritti ed agli Altri scritti, 22 volumi in tutto, tutti disponibili in libreria con il marchio Seuil - da “un autore tra gli altri” che ha pubblicato in tutto e per tutto un piccolo volume di 180 pagine, uscito il primo settembre di questo anno. Anche la sua Storia della psicoanalisi in Francia, inizialmente pubblicata da Seuil, è stata ripubblicata da Fayard e poi da Hachette. Questa persona è sul catalogo Seuil solo per questo lavoro, di piccolo formato, di 175 pagine, più l'indice. Quel poco che conosco del diritto editoriale mi porta a pensare che questo solo fatto potrebbe essere costitutivo di un reato suscettibile di essere portato davanti alla giustizia. Chiederò a questo proposito il mio consigliere, il vecchio presidente del collegio degli avvocati di Parigi, il mio amico Christian Charrière- Bournazel che ho conosciuto quando era un giovane avvocato , trent’anni fa. Sono stato indulgente con questa persona, rifiutandomi di leggere la sua biografia durante tutti questi anni, lasciandole molte possibilità di ritornarvi su, traccia che resta scritta. Essendo stato oggetto di un tentativo di assassinio pubblico e mediatico, da parte sua, da parte del suo compagno, direttore delle edizioni Seuil, il signor Bétourné, e della loro complice, la signora Isabelle Creusot, del servizio stampa di Seuil, non vedo perché vietarmi di chiedere risarcimento in Tribunale . Guy Briole, grazie. Si guadagna sempre a leggervi.

LAURA SOKOLOWSKY Una grande pagina della storia della psicanalisi. La si è appena scritta con l'annuncio di una nuova politica editoriale sotto l'egida delle edizioni de La Martinière, conosciute per la pubblicazione, tra altre, dei lavori del più grande fotografo attuale, Sebastian Salgado. Guardate, per esempio “La mano dell'uomo”, libro fondamentale, splendido, essenziale. Ascoltando Jacque-Alain Miller ieri sera, mi ritornava il ricordo di queste immagini sontuose sul lavoro umano, nelle miniere d’oro a cielo aperto in Brasile, nelle fabbriche di biciclette cinesi, tra i campi di canna da zucchero, sulla terra intera. Pensavo al lavoro della mano di colui che scrive, che ci scrive, e che redige, uno ad uno, i seminari di Jacques Lacan. Ringrazio Jacques-Alain Miller di averci dato, ancora una volta, una tale lezione di coraggio ed audacia. Resistere sempre e ancora. Tale è la posta in gioco.

LAURE NAVEAU Bravo! Tre volte bravo! È una prestazione, un Aufhebung “jacquannienne”. Lei da, in atto, la formula di ciò che è, un atto degno di questo nome. Che cambia il soggetto, e quelli che si ritrovano sul campo. Ho pensato che lei non era Antigone, ma che loro l'avevano creduto. Non vi rinchiuderanno vivo da Seuil. Lei , Vita di Lacan, e di JAM. È molto potente. Lei ha evocato ieri sera il Carpaccio che coglie un istante in cui il grande Sant’ Agostino redige una lettera in una luce tutta terrestre (Solo, il Padre è Uno). È di buono augurio con La Martinière! Che bella avventura! È uno dei miei quadri preferiti a Venezia, ancora questa estate, Scuola dei Schiavoni. Ma con Lei, gli Schiavoni si strappano dalla pietra che li rinchiude, come quelli di Michelangelo all’Accademia di Firenze.

ANNE POUMELLEC Bel colpo! Se posso permettermi: bravo, bel colpo, bell’atto. Mi domandavo come abbia fatto ad uscire da Seuil, non sapendo che vi bastava andar via, ma la risposta è : dall’alto e attraverso l’Uno. Come dice Sollers, "è romanzesco!”

PIERRE NAVEAU Il cuore leggero. Ieri sera, ciò che mi ha colpito: una giusta collera. Da cui l'annuncio fatto da JAM alla fine della serata: Lascia Seuil. Basta così, infatti. Basta con l’"omicidio del nome", come si è espresso Philippe Sollers. Basta con il nome di Jacques-Alain Miller non detto, non scritto o pronunziato. C'era in tutto ciò – la parola è di JAM – un “eccesso di annullamento”. JAM ha raccontato come sono andate le cose. Ciò che era sorprendente: la precisione dell'atto. Come PH. S. ha detto, in risposta ad una domanda dalla sala, JAM ha fatto ciò che bisognava fare. Anche il sostegno manifestato dalla sala è stato eclatante. Un'impressione, uscendo: Sì, è sorprendente, eravamo dis-angosciati! La trappola, tesa da quello che Ph. S. ha chiamato "l'odio su Lacan il perturbatore", era stata sventata. Avevamo il cuore leggero.

BERNARD JOTHY Momento formidabile al Pullman ieri sera. Liberandosi di Seuil, lei rimbalza con maestria e da un impulso nuovo alla diffusione del pensiero di Lacan. Il vostro atto dà prova di una determinazione illuminata che si impadronisce dell'opportunità di questo incontro con H. della M. per rovesciare gli ostacoli e denunciare i bassi intrighi; è la sua creazione ed una fortuna inestimabile per la psicoanalisi. Il rientro è lacaniano e l'avvenire della psicoanalisi è milleriano.

BRUNO DI HALLEUX Scomparsa di Martin Egge. Apprendiamo la morte improvvisa di Martin Egge, direttore terapeutico dell'Antenna 112 e dell'Antennina a Venezia. Martin Egge era un collega conosciuto ed apprezzato nel Campo freudiano in Italia, in Francia, in Spagna, in Belgio ed in America latina. Attraverso il suo lavoro La Cura del bambino autistico, ha manifestato, di un modo originale ed insegnante, della sua esperienza con i bambini autistici in un’istituzione orientata dall'insegnamento di Lacan. Ha sostenuto a più riprese le nostre Giornate del RI3 e ha fatto un gran numero di interventi di qualità in diversi luoghi ospedalieri ed istituzionali. Al di là del suo senso clinico e del suo rigore teorico noi ci ricorderemo del suo entusiasmo, della sua presenza e delle sue qualità, nel rilanciare i dibattiti clinici che noi abbiamo spesso condiviso. Un collega sparisce, un amico si perde. Comunichiamo alla sua famiglia, ai suoi colleghi della scuola italiana e a suoi vicini all'Antenna ed all'Antennina la nostra tristezza immensa ed inviamo loro i nostri pensieri più calorosi.

Per il RI3, BdH


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