LUNEDI 5 SETTEMBRE 2011 h11,15 [GMT+1]
NUMERO14
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
10:04 Philippe Sollers ha accettato l’invito di Jacques-Alain Miller
e domani sera sarà al pullman montparnasse
Tema: Quale strategia per il pianeta?
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
LACAN QUOTIDIEN
Non avrei mancato un Seminario di Lacan per nulla al mondo- PHILIPPE SOLLERS
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
PENSIERI LASCANDO RE,
di Jacques‐Alain Miller
Ars-en-Ré, il 4 e 5 settembre 2011
ULTIME ORE A RE. Ritorno all’ovile.
CONVERSAZIONI CON LACAN. La conversazione si riassume così: il mio interlocutore parla in charabia, io lo trasformo in un buon francese. La nozione è discutibile – dicono, come ha detto Lacan al seminario, che io lo trasformo nel mio francese per me. Sollers sottolinea ugualmente: “È di Miller”. Idea: se mi annoiassi, dopo aver finito tutto, potrei ricominciare, ma questa volta trasformando tutto ciò nel francese di qualcun altro. Quello di Patachón Valdés, per esempio.
VARIAZIONI. Confronta le imitazioni di Proust. Arrivare a trasformare una pagina di charabia lacanoide nel francese di Proust? Occorrerebbe scegliere bene il charabia di apertura. Mettere un commento a Cantor di Lacan nello stile de
IMMISTIONE. Non è tutto già scritto. Mi sono fermato alla soglia del test sulla pagina 68. Non ho proseguito che con dei lavori di avvicinamento: numerazione e strutturazione dei paragrafi; ricerca delle unità di significazione; revisione di Pascal per “la confusione degli ordini” e di Proust (Le côté de Guermantes) per Mme Leroi. Occorre supporre un leggero vacillamento dell’asse immaginario dell’autore? In Proust, Blanche Leroi è una snob, che misconosce la grandezza celata di Mme de Villeparisis, come la misconosce, all’opposto dello spettro sociale, la duchessa di Guermantes; vi è lì un ternario. Tacciare di “deliziosa” questa sciocca frase sull’amore che lo si fa e di cui non se ne parla, è fargli subire, visto il contesto, una violenta torsione testuale – che comunque non è senza interesse. Dapprima, poiché la dilezione dell’autore per Mme Leroi traduce la sua stessa propensione a misconoscere la grandezza di Lacan, che gli resta opaca. In seguito, poiché questo tipo di torsione potrebbe essere il principio di un gioco, non con il significante, ma con il significato. Vedete quale?
INTERTESTUALITA. Mme Verdurin concepita come un modello di onestà intellettuale. Charlus, che nasconde, dietro all’omosessualità ch’egli ostenta davanti al lettore, una vita segreta da donnaiolo. Il Padre Karamazov che si vede imputato il carattere di Padre Goriot, e vice-versa. Fare entrare in un romanzo i personaggi di un altro. Fare entrare Catherine Millet nella prosa di Catherine Millot. È assai legittimo, poiché ci si “proietta”, si dice, in un personaggio del romanzo. Dunque, come esseri viventi che imperversano nel XXI secolo, quando v’identificate a Rodrigue, entrate in una pièce del XVII secolo. Vi erborizzate con Jean-Jacques. Siete Emma con Gustave. Niente di più comune. Solamente, d’abitudine, queste intrusioni restano esterne al testo, “extra-testuali”. Che cosa accadrebbe se divenissero “intra-testuali”? Se le tematizzaste, per parlare l’husserliano, e se le assorbiste nella trama discorsiva? Avrete la matrice di un gioco delizioso. Nietzsche fra noi, l’impresa di Sollers. Socrate dai Guermantes, in redingote, come Babar presso la vecchia signora. L’elefante, certo, nel famoso giornale di porcellane. Dopotutto, Lacan è stato ciò nella psicoanalisi, un intruso venuto da non si sa dove. Un goy con i suoi goyishe naches – apprendo la parola dal glossario del Portnoy di Philip Roth – il suo modo di godere di goy.
UNA DELIZIA. Laura, che è argentina, scrive a Kristell, e m’invia la parola in cc: “Leggo “O Solitude” di Millot… è una (une) delizia!” Si dice una (un) delizia in francese, Laura, ma soprattutto, la supplico, non cambi nulla, è talmente più una (une) delizia, una delicia. Délice, nella lingua francese, è già femminile al plurale. Ancora uno sforzo, e lo sarà anche al singolare. Se ci si mette in molti, sarà fatale. E perché questo libro è una delizia, Laura? “ … paradossalmente, mi ha fatto sentire meno sola! [lei vive con un uomo che la adora]. Leggo ora “Abîmes ordinaires” che non conoscevo”. Con Dominique, fanno adesso due “vere donne” che si riconoscono nel cool-mystic. Una corrente va a nascere. E una nuova Duras, generata dal discorso di Lacan.
CONCETTO INTRUSO. I concetti fanno anche intrusione in altri discorsi rispetto a quelli in cui sono nati, per quanto un luogo di nascita preciso sia loro assegnabile: la maggior parte, se non tutti, sono di sangue misto, sradicati, signor Barrès. Althusser era un grosso “importatore” di concetti stranieri. Pensava di rilanciare così un’economia concettuale marxista passabilmente anemica. Dunque, importazione all’ingrosso della sovradeterminazione; della mia “causalità metonimica”; del “taglio epistemologico” bachelardiano; ecc. Non solamente importava i concetti, ma sapeva personalizzarli affinché non facessero sfigurare l’architettura neo-kitsch della teoria marxista, la quale era passata, come una ragazza, attraverso molte mani, con dei gerenti alla Stalin, che non erano dei teneri. Althusser sapeva infondere i suoi apporti strutturalisti nel paesaggio, come i designer di Mc Donald imparano ad annegare il loro logo yankee (amerloque) nella bruttezza generale delle insegne francesi, dopo aver asciugato la collera degli sradicati, portati da José Bové. La rivolta dei franchouillards ebbe luogo ugualmente sul piano concettuale: questa fu la beffa memorabile di Ferry e Renault, camuffati per la circostanza e anti-crucchi (anti-boches). Altrimenti, erano degli eminenti traduttori di Kant, ed erano persuasi, all’epoca, che la soluzione delle aporie contemporanee si nascondeva in un capoverso appositamente ritorto della teoria fichtiana dell’intersoggettività.
PROSEMA. Mi arriva una mail di Nathalie Georges. M’informa che Prosema esiste! È un genere letterario creato dallo scrittore nicaraguense Ernesto Mejía Sánchez. Google conferma: “Mejía Sánchez è stato il creatore di un nuovo genere chiamato Prosema, costituito da testi lirici brevi, scritti in prosa ma con un tocco narrativo (in spagnolo nel testo originale)”. Esempio:
Sobremesa
Una mancha de vino en el mantel me
recordó París, unas horas que nadie
me podrá disputar mientras viva.
Tradurre? Sobremesa non si traduce. È il momento del dopo cena in cui si rimane tra amici a discutere di tutto e di niente. In questo contesto dove ci si sbottona, di rilassamento dei legami significante-significato, è sufficiente una macchia di vino sulla tovaglia per significare Parigi, e Parigi nel suo giro si riduce alle ore che il poeta vi ha vissuto, e delle quali nulla gli toglierà il ricordo fino a quando vivrà. È molto ben fatto, e una torsione minimale della prosa sviluppa in effetti un’aria di poesia lirica. È una specie di haiku latino a base di Rorschach. Prezioso. Grazie, Nathalie. È lei che ha inventato Vie de Lacan.
MANCEAUX. Michèle ci ha messo a disposizione la sua piccola casa di Ars, dove tutto è pensato, ogni oggetto, e il posto di ogni oggetto. Si abita un pensiero. E i getti d’acqua del giardino si attivano solo a mezzanotte. Gli dobbiamo, Judith ed io, queste quattro preziose giornate di settembre, trascorse “sul tappeto verde” di un recinto fragrante.
TRIPOLI. So che Tripoli è caduta. Jean Daniel scrive: “Occorre, nello stesso slancio, rendere giustizia a BHL? Da parte mia, non gli ho rimproverato che una sola cosa, l’imprudente pubblicità che ha dato al suo ruolo in questa giusta battaglia, rischiando di comprometterla. Che piacere senza miscugli avrei avuto da scoprire, ma, solamente dopo la riuscita, la parte eminente che egli vi aveva preso!” Daniel è uno di quei rari autori che integrano le torsioni testuali al testo stesso, come Lacan per esempio. Si autoprosematizzano, se posso dire. Ne risulta che una gatta non vi ritroverà i suoi piccoli.
SENSO IMMAGINOSO. Pierre Rosanvallon vuole, come d’abitudine, cambiare la società, “rifondarla”. L’articolo ritorna ogni stagione, come il numero sull’immobiliare o i massoni, mai i Gesuiti. “Il vero linguaggio politico, dice il saggio del Collège de France, che ebbe la voce di M. Fumaroli, deve dare un senso a ciò che vivono le persone, un senso immaginoso”. In ogni modo, Ignazio non è morto, e a lui, non c’è da rimproverare pubblicità imprudente.
YI-KING. Prima di partire, voglio ancora tirare l’Yi-King offerto da Psychologies magazine delle vacanze, con tre monetine. L’antica macchina divinatoria è presentata come “un GPS cosmico”. Jung è lì, sempre molto fotogenico, con la sua meravigliosa “sincronicità” adatta a soddisfare M. Rosanvallon: dà il peperoncino del senso a ciò che vivete, come la macchia di vino che evoca Parigi, che vi ho evocato, voi e il vostro oggetto piccolo a. È sempre vero, come una verità matematica. È detto “sincronico” nel senso di Jung “l’apparizione simultanea di due avvenimenti, legati dalla significazione, ma senza relazione causale. Con ciò, ecco che voi siete preparati per l’inverno, come per tutte le stagioni, come con lo slogan dei semiologi del Québec: “Nell’acqua, tutto è riflesso”. In definitiva, è di Hume. Non c’è relazione causale tra l’enunciare che il sole sorgerà alle ore 7:12, il 5 settembre, e il fatto che in effetti sorgerà alle ore 7:12. Potrebbe esserci altrettanto bene la danza di san Guy. In un universo senza legge, tutto è meraviglia.
BINGO! Mme Maud Kristen promette di farci sviluppare un sesto senso, considerato che già non è che sappiamo così bene cosa fare con i cinque sensi che abbiamo. Sottolinea giustamente con forza che Jung ha abbandonato il metodo freudiano poiché “le associazioni libere fanno perdere il senso iniziale del sogno”, allorché si tratta di “rimanere incollati all’immagine, e di sentire come risuona in noi”. Sempre la battuta della macchia di vino, e della rivoluzione semantica alla Rosanvallon. Andiamo avanti. Devo domandare all’oracolo qualcosa come: “Quale atteggiamento devo avere per…” riuscire in questo o in quello. Per me, sarebbe: per riuscire a sfuggire alla regina che vuole farmi sparire nel Seminario di Lacan come i mafiosi che si sbarazzano delle loro vittime facendole colare dentro il cemento. Proseguiamo con i sei tiri. 6 Yang! Mio dio? È il primo esagramma. Giuro di non aver barato. 6 Yang di fila. Ma sono le ore 6:00, e sono solo, nella piccola casetta al fondo del giardino, dove Michèle si isola per scrivere, quando non è Michel, il suo compagno. Chi mi crederà? “Io, dico io, ed è sufficiente”, come dice
_____________
_____________
_____________
_____________
_____________
_____________
ABIURAZIONE. Mi rimangio tutto il male che ho detto, o che ho lasciato intendere, a proposito dell’oracolo. “Unicamente costituito da tratti maschili, l’esagramma è scattante e conquistatore come il drago. Sappiate gioire del grande risveglio della vostra creatività. In pieno possesso delle vostre forze, e portati da un vento di entusiasmo, andate alla conquista del mondo esteriore. Attenzione ogni volta a non bruciarvi le ali. Il successo sarà per coloro che manterranno i piedi per terra”. Viva Jung! Viva il senso! Viva la sincronicità! Viva il riflesso nell’acqua e la macchia di vino sulla tovaglia! Abiuro l’articolazione! Il significante! Il freudismo e il lacanismo! Viva il GPS cosmico e il punto Omega! Ω
POST SCRIPTUM. È vero. Ho tirato l’Yi-King alle ore 6:00 questa mattina, e ho ottenuto lo Yang pieno. JAM
…/…
SEGUITO ESAGRAMMI, di Jacques-Alain Miller
9:01 PHILIPPE
9:03 INDIGNATI. Poiché riapro il dossier, sottolineo ciò che ho detto della rivolta degli sradicati, che sono sovente degli “indignati”. Sollers, nel suo ultimo “Giornale del mese” del JDD, presenta una tipologia ispirata dell’indignato contemporaneo. Vedere anche Il Libro degli Snob, di Thackeray, che Carole mi ha riportato alla memoria.
9:10 ROLAND CASTRO, vecchio amico, che dice di dovere tutto a Lacan, ed è vero, è legato da un’amicizia con Onfray, il quale, lui, non ne mangia di quel pane: si prende cura da solo a cianciare, come si lustrò freneticamente nella sua giovinezza (comunicazione personale dell’interessato, davanti alle telecamere di Philosophie magazine). È nell’ultimo Marianne. Metto in ordine i vecchi giornali, per lasciare la casa.
“Ho incontrato Roland Castro, si è finito per parlare di psicoanalisi e politica”. Doveva essere carino! Quello che credeva in Lacan, e quello che non ci credeva. Castro ne uscirà onfrayano, onfrayatore? O Onfray lacaniano? – che a Dio non dispiaccia: sarebbe affondare il lacanismo per sempre.
Rosanvallon è il principe dei “sociomani” (Sollers), Onfray, il re degli Indignati. Hessel non è che l’araldo, e ha trovato la sua fortuna accanto al dalaï-lama. Onfray ha sentito il bisogno di descrivere dettagliatamente, nel suo blog, il nostro incontro per l’iniziativa di Philosophie magazine, quando ignoravo che avesse sfornato un libro su Freud, e che libro! Si era ben guardato dal dirmi quale merce aiutavo a vendere.
Egli dà di questo incontro una spassosa descrizione, in cui un leone superbo e generoso (lui) considera con serenità un “vecchio leone spelacchiato” (io). Il suo intuito gli fa vedere questo vecchio “laboriosamente teso dalle ore sulla sua penna per partorire una buona parola pubblicata un mese più tardi dagli amici della rete parigina sul giornale”. Che grida verità. Occorreva citare questo pezzo di antologia (http://onfray.over-blog.com/article-hecatombe-sur-le-divan-48697192.html). Era specialmente incuriosito da “una lunga creatura vestita tutta di nero, stivali e gonna corta”: era Clotilde Leguil, agrégée di filosofia, che mi aveva detto, la povera, il suo interesse per Onfray, e voleva vederlo da vicino. Lo ha visto. Di lui, io non avevo letto che un piccolo saggio un po’ insulso, e di terza mano, sui cinici, e un “Charlotte Corday” coraggiosamente favorevole all’idolo reale, col pretesto che si trattava di una sua contadina, e che lei aveva lavorato sodo per quel bastardo di Marat. Ebbene, Marat valeva di più della gentaglia contro-rivoluzionaria. Clotilde non ha creduto alle sue orecchie quando ha ascoltato il pensatore d’Argentan raccomandarsi del Libro nero. Buona fortuna, Roland! Ti pago un canone se arrivi a qualcosa con questo pezzo d’uomo. Gran millantatore, oratore di talento, ma nessuno tra i nessuno.
Gérald Andrieu, sempre in Marianne, lo presenta come “domatore di belve”, “che è riuscito a far cadere Freud dal suo piedistallo”. Oh! Sapete, Onfray non doma che i leoni decrepiti come me, e abbastanza fiduciosi, o abbastanza coglioni, per riceverlo tra loro, poiché Monsieur non incontra nessuno la sera, perché non può passare la notte a Parigi, mi ha scritto l’eccellente Alexandre Lacroix, e ha bisogno di ritornare in fretta e furia a dormire a casa sua, altrimenti si angoscia. Molto Jean-Jacques, insomma. “Gli fai troppo onore”, mi dice Judith, che legge da sopra la mia spalla. E il suo piedistallo, Freud glielo ha messo nel c…
Per lui, sempre in Marianne, gli allievi dell’ENS sono levigati, e non rispondono alle questioni. Si, e i Normanni, loro, sono rugosi, e conosciuti per parlare in modo diretto, non è così? Onfray si vanta di avere i piedi nell’argilla da cinque secoli, ancora da me quella mattina, e per quale associazione d’idee era venuto a spiegarmi a lungo perché egli non dovesse essere antisemita?
Le conosco, io, le giovani, che nel XXI secolo, esibiscono i sabots ai piedi da cinque secoli. Non ho alcuna confidenza con questa genia. Finiscono tutti, presto o tardi, per cantare il terrore, e per sputare la paura e il disgusto che gli ispirano gli sradicati, i Parigini, e i cosmopoliti.
Ci si capisce molto bene, Onfray ed io. Lui, “ultra-mediatico” (Marianne dixit), io l’uomo invisibile dei media, che lo sarà un po’ meno. L’altro ieri, Onfray era per Besancenot. Ieri, per Mélenchon. Oggi per Montebourg, che lo ricambia celebrando “la forza dell’analisi” del “filosofo normanno”. No, M. Andrieu, il filosofo normanno, era Alain, nato a Mortagne-au-Perche, e non la riconduceva tutti i giorni alla Normandia. La ricollego, io, con il ghetto di Varsavia, dove sono nati mio padre e mia madre, e i loro genitori da cinque secoli? – e dove lo spirito ha soffiato con un’altra potenza rispetto a Mortagne-au-Perche e a Argentan – anche se non voglio in alcun modo offendere i lavoratori normanni che non domandano che di indignarsi sotto la voce potente di Onfray, la rivolta ufficiale della Repubblica, così sovversiva che la si coglie tutti i giorni, mi diceva Carole, eruttare sulle onde.
È paccottiglia. È un maître à penser di paccottiglia e di latta. E ho perduto troppo tempo con questo minus. Devo partire ora per
Revisione: Maurizio Mazzotti .
Nenhum comentário:
Postar um comentário